Storia del Disastro del Gleno – 6^ Parte – Giugno
A cura di SERGIO PIFFARI
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Settembre 1920. Viene spedita dal Dezzo alla Prefettura di Bergamo una cartolina anonima nella quale si denuncia “l’uso della calcina invece del cemento” nella costruzione della diga, cagionando grave pericolo per i paesi sottostanti. Come sappiamo l’uso della calce era previsto dal progetto dell’ing. Gmür e, stando agli allegati prodotti dalla Ditta Viganò, venne adoperata insieme al cemento. La Prefettura gira la missiva al Genio Civile ed il responsabile dell’ufficio di Bergamo, ing. Lombardi, invia al Gleno l’ing. Sanna per un controllo della situazione; vengono fatti dei prelievi dei quali, però, non si conoscono i risultati. Lo sbarramento raggiunge l’altezza di 18 metri, circa.
14 dicembre 1920. Il Collegio Arbitrale al quale si era rivolta l’imp. “Cittadini” propone una composizione della vertenza che viene accettata da entrambe le parti: impresa Cittadini e ditta Viganò.
28 marzo 1921. Il Genio Civile approva il progetto dell’ing. Gmür. Risulta evidente che i lavori vengono eseguiti prima che arrivi la necessaria autorizzazione; solitamente la ditta Viganò invia una lettera di inizio lavori e solo in seguito arriva l’approvazione o la richiesta di chiarimenti. In quegli anni non è l’unica a procedere in questo modo, lo stesso ing. Lombardi riconosce che “è prassi errata, ma corrente”. Sempre il 28 marzo il Genio Civile richiede il progetto esecutivo riguardo alla do- manda del 27 luglio 1920 e quello relativo agli impianti inferiori.
9 maggio 1921. La ditta Viganò firma con l’impresa “Vita e C”, di Corbetta (MI), il contratto d’appalto per la realizzazione della diga “ad archi multipli”, progettata dall’ing. Santangelo, da impostare sopra alla base progettata e realizzata “a gravità”. Sarà la prima al mondo con queste caratteristiche.
La nuova diga sarà costruita da m. 1521 a 1550,50 s.l.m. con il pelo dell’acqua a 1548 metri s.l.m.; avrà uno sviluppo di 260 metri, con una parte ad arco e due parti rettilinee, una superficie di 400.000 metri quadrati ed una capacità di 6 milioni di metri cubi. Per la costruzione della diga ad archi non viene più utilizzata la calce di Valbona, o Triangla, venduta a privati, ma solo cemento nella quantità di 66.000 quintali. Il Capitolato Lavori ricalca quello in uso con l’imp. “Bonaldi e C” e stabilisce che, per quanto riguarda i piloni, vengano utilizzati rispettivamente due vagonetti di calcestruzzo ed uno di pietrame, il tutto convenientemente spianato e lavorato. Oltre a numerose testimonianze di operai basta dare un’occhiata ancora oggi per capire che quest’ultima operazione non viene compiuta correttamente. Da ricordare che l’impresa Vita esegue i lavori pagata a cottimo, cioè un tanto al metro cubo, cosa alquanto perniciosa che induce a produrre molto senza curarsi della qualità del lavoro svolto. Nino Nosotti (o Nosetti) socio del Vita, riconosce, oltre al fatto di aver trattato male gli operai scalvini, che: “ a noi occorre di far tanta muratura”.
L’impresa suddetta viene scelta dall’ing. Santangelo in quanto pratica di quel genere di dighe avendone costruita una a Riolunato, sull’Appennino modenese, sul torrente Scoltenna.
Gli operai necessari – muratori, carpentieri, manovali ecc. – sono in parte già dipendenti dell’impresa e gli altri provenienti dai vari paesi scalvini; naturalmente gli operai milanesi cercano di guadagnare il più possibile lavorando alcune ore di sera e anche di domenica. Anche su questo tema le testimonianze sono discordanti; il guardiano Morzenti dichiara: “Dalle 18 alle 21 lavoravano solo gli operai milanesi, lo stesso alla domenica, mentre i loro colleghi scalvini rimanevano a casa”, mentre Antonio Merli di Vilmaggiore, magari esagerando un po’: “Gli operai milanesi lavoravano dalle 19 all’una-due del mattino”. Per il controllo dei lavori eseguiti dall’impresa appaltante vengono assunti tecnici ed assistenti dalla ditta Viganò la quale deve anche fornire i materiali necessari.
Per poter proseguire con il nuovo progetto bisogna demolire buona parte del lavori eseguiti dall’impresa “Bonaldi e C.”, ricavare un piano sopra il quale effettuare una gettata in calcestruzzo e poi sulla stessa partire con i piloni. Per la demolizione sud- detta, che interessa soprattutto la parte destra della diga, occorreranno, da giugno a settembre, 15.167 ore di lavoro.
Viene lasciata nel “tampone” la galleria di scarico dove sono poste: la valvola che regola la mandata d’acqua alle centrali, la saracinesca di fondo da utilizzare per il controllo del livello del bacino e la strumentazione necessaria. I responsabili del Genio Civile di Bergamo vengono avvisati verbalmente dell’inizio dei lavori del nuovo progetto.
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Attività a cura della Commissione Centenario del Gleno